Approfondimento "La Guerra dei Papaveri": malattie mentali e Disturbo Post-traumatico da Stress

ottobre 17, 2020 0 Comments


Buongiorno a tutti lettori!

Questa è la penultima tappa del book tour per La Guerra dei Papaveri e in questo approfondimento parleremo delle malattie mentali e del disturbo post-traumatico da stress.

Come già più volte ribadito nella mia recensione (che potete trovare qui), R. F. Kuang, autrice del libro, utilizza uno stile di scrittura molto diretto per descrivere elementi ed avvenimenti che possono in alcuni casi destabilizzare il lettore e che in altre opere vengono accennati solamente in modo superficiale. In particolare, non si scansa dal raccontare le conseguenze che la guerra -e altre entità- possono avere sui diversi individui, sia a livello fisico sia a livello mentale.

Prima di iniziare l'approfondimento, trovo doveroso fare una premessa: non sono una specialista né in Psicologia né in Psichiatria. Sono una studentessa di medicina che in questo articolo cercherà nel modo più semplice possibile di fare una riflessione su cosa sono i disturbi mentali e in particolare il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e su come nel tempo si sia evoluto il rapporto della società con le persone che presentavano tali disturbi.



Rin era convinta di essere sana di mente. Di essere integra. Era vero, aveva perso tanto, ma aveva ancora il pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Era lei a prendere le proprie decisioni.


In La Guerra dei Papaveri, si presta molta attenzione alla salute mentale e si fa molte volte riferimento alla pazzia, che può derivare dalle crudeltà e dai traumi della guerra oppure che può essere conseguenza della relazione spirituale dello sciamano con il divino. Ho apprezzato questo continuo interessamento agli effetti che gli avvenimenti raccontati nel libro possono avere nella realtà dell'individuo. Molto spesso, in altri romanzi, ci si dimentica completamente del risvolto che determinate azioni possono avere sulla natura umana del protagonista, andando a perdere quel senso di verosimiglianza che, secondo me, in un'opera si deve sempre cercare di mantenere.

Quindi, cosa intendiamo per salute mentale?
Secondo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), la salute mentale viene determinata da molteplici fattori: capacità di gestire i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri comportamenti e le relazioni con gli altri, a cui si associano fattori sociali, economici, politici e ambientali come condizioni di vita, lavorative o di comunità. 
Definire il disturbo mentale ha permesso di iniziare a superare quell'atteggiamento di paura, di repulsione, da sempre presente verso la malattia mentale e che ancora oggi, purtroppo, sopravvive sotto forma di stigma o pregiudizio sociale. Sicuramente, il pregiudizio più diffuso riguarda la pericolosità sociale, intesa come la probabilità che un individuo con un disturbo mentale possa mettere in atto delle condotte auto ed eterolesionistiche. Lo stigma, invece, può essere definito come un marchio visibile di discredito e di vergogna, uno status morale criticabile e disprezzabile che colpiva i malati psichiatrici. E’ un’etichetta negativa che può colpire diversi gruppi di persone, con una potente azione collettiva e difensiva della collettività rispetto al malato.
Questi stereotipi sono spesso riaffermati, senza che si presti la dovuta attenzione, nella comune interazione sociale, rinforzati dai mezzi di comunicazione di massa e dal linguaggio comune. In realtà, il paziente deve essere identificato come una persona ammalata e sofferente, ponendo in secondo piano una possibile condizione di violenza e di pericolosità. Spesso, nei discorsi comuni, gli atti di violenza sono collegati a malattie mentali, anche se le prove sono assenti o scarse. Attraverso questi discorsi, l’uditore potrebbe essere indotto a credere che gli episodi di violenza imprevedibili si manifestino molto più frequentemente tra coloro che soffrono di una patologia mentale rispetto alla popolazione generale. Emerge l’immagine che le persone malate di mente sono diverse anche quando non sembra. Tutto questo provoca nel malato un progressivo isolamento sociale per paura di essere stigmatizzato, ritirandosi dalla società per evitare un marchio più forte. Sin dall'inizio dell’umanità, si ha sempre avuto la paura del diverso, dello straniero, e si è sempre cercato di isolare chi manifestava comportamenti o credenze discostanti da quelli del gruppo dominante. Lo stigma ha accompagnato diverse patologie nel corso del tempo, come l’epilessia, la lebbra, la peste e nell’attualità l’AIDS. Per molto tempo ha prevalso una strategia di difesa dal malato mentale piuttosto che in difesa del malato. Da sempre, nelle credenze popolari, solo i folli potevano curare i folli e la malattia mentale si trasmetteva con modi simili a quella delle malattie contagiose. In epoca manicomiale, solo persone dotate di "poteri" (gli psichiatri) potevano entrare in contatto con i malati mentali e lo facevano nello spazio chiuso e circoscritto dell’istituzione che evitava in qualche modo il "contagio".
Fortunatamente in Italia con la Legge Basaglia n°180 del 1978 si è stipulata la chiusura dei manicomi e ciò ha permesso di restituire dignità e valore ai malati, che vengono finalmente riconosciuti come persone degne di cura. Sono state create, quindi, oltre ai reparti psichiatrici, strutture sul territorio, come ambulatori, centri diurni, comunità, che permettono una continua assistenza e riabilitazione del paziente, che rimane integrato nella società e non più alienato o abbandonato. 

I suoi occhi parevano dei vetri infranti.

Elemento fondamentale de La Guerra dei Papaveri è il conflitto. Vengono descritte molte situazioni e scene forti dal punto di vista emotivo, che permettono al lettore in parte di percepire cosa significa mettere a rischio la propria vita durante uno scontro. Solitamente, è difficile immedesimarsi nel personaggio, perché molto spesso gli autori conferiscono una sorta di intoccabilità fantastica al protagonista, che lo rende coraggioso, impavido e perfetto. Rin, la nostra protagonista, almeno all'inizio, non è così. E' umana e come tutti ha paura. Ha estremamente paura della guerra. Ha visto la paura negli occhi dei propri compagni, dei propri nemici e negli occhi senza vita delle vittime. E' impossibile che degli eventi così devastanti non abbiano un impatto su chi li ha vissuti. Un altro merito, infatti, che voglio conferire all'autrice è quello di descrivere cosa accade dopo la guerra e quali sono le devastanti conseguenze che questa ha sugli individui. Diverse scene molto forti e toccanti ci permettono di introdurre come ulteriore argomento di questo approfondimento il disturbo post-traumatico da stress.

Il Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS) insorge in seguito all'esposizione a eventi stressanti di gravità oggettiva estrema. Le situazioni e gli eventi traumatici possono riguardare il singolo individuo, come nel caso di omicidi, rapine, violenze, abuso sessuale infantile, gravi incidenti, oppure anche un gruppo o una comunità, come catastrofi naturali, alluvioni, terremoti, o disastri civili come incidenti aerei, navali, situazioni di guerra, prigionia.
E' caratterizzato dallpersistente riesperienza dell'evento traumatico. Il paziente può presentare ricordi ricorrenti e intrusivi dell'evento, sogni sgradevoli oppure veri e propri stati dissociativi, che durano da pochi secondi a diverse ore o giorni, in cui vengono rivissute parti dell'evento e il soggetto si comporta come se le stesse vivendo in quel momento. Inoltre, il paziente tende ad evitare stimoli o elementi che gli ricordano il trauma e presenta sintomi persistenti di ansia con insonnia, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, irritabilità, scoppi d'ira, difficoltà di concentrazione.
Importante, in questi casi, è rivolgersi con urgenza a un medico o a un terapeuta in modo da poter iniziare un percorso che permetta di superare il trauma adottando strategie di coping e di risoluzione adatte al paziente.

Se volete approfondire maggiormente questo argomento, vi consiglio Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell'elaborazione delle memorie traumatiche di Bessel Van der Kolk, consigliatomi dalla mia professoressa di Psicologia.


L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stipulato la Giornata mondiale della Salute Mentale il 10 Ottobre di ogni anno.
A questo link potete trovare ogni campagna che l'OMS ha promosso negli anni a favore della salute mentale.



Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio per aver letto questo lungo articolo e per il vostro interesse verso questi argomenti molto delicati e che spesso vengono ignorati o allontanati.
La Guerra dei Papaveri, come avete visto in questo blog tour, è un libro che, nonostante appartenga al genere fantasy, ci ha permesso di esplorare in questi giorni tematiche costantemente presenti nella nostra società, come il bullismo, la dipendenza oppure appunto i disturbi mentali. Sono delle situazioni presenti nella vita di tutti i giorni e proprio per questo motivo non dovrebbero essere ignorate. 


-Mari



Bibliografia:
- C. Callegari, S. Vender, N. Poloni, Fondamenti di Psichiatria, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2013
- Associazione Psichiatrica Americana, DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014



Non perdete le ultime due tappe del blog tour domani!





Recensione: "La Guerra dei Papaveri" di R. F. Kuang

ottobre 10, 2020 0 Comments
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Ciao a tutti lettori!

In previsione dell'uscita de La Guerra dei Papaveri di R. F. Kuang, edito Mondadori, è stato organizzato un blog tour da Spill the Book, che va dal 9 al 18 Ottobre. Vi consiglio di appuntarvi i blog che parteciperanno, dato che pubblicheranno diversi articoli molto interessanti nell'arco della prossima settimana oltre alle proprie recensioni. Li potete trovare tutti elencati nel banner alla fine di questo articolo. 

Oggi, qui, vi propongo la mia recensione.

Buona lettura!


Titolo: La Guerra dei Papaveri
Titolo originale: The Poppy War
Autore: R. F. Kuang
Editore: Mondadori
Genere: Adult Fantasy
Data di pubblicazione ITA: 13 Ottobre 2020


❗Trigger Warning: in questo libro sono presenti diversi elementi che potrebbero ledere la vostra sensibilità come guerra, droga, dipendenza, razzismo, genocidio, bullismo, tortura, omicidio, stupro, misoginia. E' un Fantasy per adulti a tutti gli effetti. 





Sinossi:
Rin ha passato a pieni voti il kējŭ, il difficile esame con cui 
in tutto l'Impero vengono selezionati i giovani più talentuosi che andranno a studiare all'Accademia. Ed è stata una sorpresa per tutti : per i censori, increduli che un'orfana di guerra della provincia di Jī potesse superarlo senza imbrogliare; per i genitori affidatari di Rin, che pensavano di  poterla finalmente dare in sposa e finanziare così la loro impresa criminale; e per la stessa Rin, finalmente libera da una vita di schiavitù e disperazione. Il fatto che sia entrata alla Sinegard - la scuola militare più esclusiva del Nikan - è stato ancora più sorprendente.
Ma le sorprese non sono sempre buone.
Perché essere una contadina del Sud dalla pelle scura non è una cosa facile alla Sinegard. Presa subito di mira dai compagni, tutti provenienti dalle famiglie più in vista del Paese, Rin scopre di avere un dono letale: l'antica e semileggendaria arte sciamanica.
Man mano che indaga le proprie facoltà, grazie a un insegnante apparentemente fole e all'uso di papaveri da oppio, Ron si rende conto che le divinità credute defunte da tempo sono invece più vive che mai, e che imparare a dominare il suo potere può significare molto di più che non sopravvivere a scuola: è forse l'unico modo per salvare la sua gente, minacciata dalla Federazione di Mugen, che la sta spingendo verso il baratro di una Terza guerra dei papaveri.
Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere davvero troppo alto.


Non puoi usare gli dèi come ti pare e piace. Gli dèi sono tanto distanti dalla nostra comprensione che ogni tentativo di sfruttarli come arma può solo finire in un disastro.

R. F. Kuang sin dalle prime pagine de La Guerra dei Papaveri ci trasporta nella semplice e miserabile vita di Fang Runin, o Rin come lei preferisce farsi chiamare. La nostra protagonista è alle prese con il keju, che per i più nobili rappresenta solo un esame complesso, mentre per lei rappresenta l'unica occasione di libertà. E' un'orfana, una ragazza senza radici, senza educazione e apparentemente senza alcuna speranza. Almeno fino a quando non decide di prendere in mano la propria vita e rincorrere il suo sogno di libertà e di potere. Con metodi molto estremi, spingendo al massimo sia il suo corpo sia la sua mente, riesce a ottenere un posto d'élite alla Sinegard, la più importante accademia del Paese. Qui sin da subito viene etichettata come diversa: non appartiene alla nobiltà, non ha famiglia né un'istruzione. Il suo viaggio e la sua vita sin da subito sono complicati. Per poter, quindi, rinnegare finalmente questa sua perenne condizione di inferiorità, si spinge al limite: lotta, studia, non dorme, solo per poter dimostrare che anche lei è degna di rispetto.
Credo che questa sua continua lotta contro persone ed elementi che la vogliono inferiore sia la base di tutta la sua vita e quindi anche dell'intero libro.
Rin non è un'eroina, non è colei che salverà il mondo. E' una ragazza che cerca un suo posto nella realtà che la circonda, grazie alla propria astuzia o alla propria forza. Da Sinegard, inizia il viaggio nello scoprire il proprio io e le proprie radici e fino a dove è in grado di spingersi (sia fisicamente che mentalmente) affinché ottenga considerazione e rispetto.

"Voglio nascondermi. Voglio che qualcuno mi dica che sarò al sicuro, che questo è solo uno scherzo, un brutto sogno."
In quel momento si rese conto che per tutto quel tempo aveva giocato a fare la soldatessa, fingendo di essere coraggiosa.
Alla vigilia della battaglia, però, non se lo poteva più permettere.


Per quanto riguarda i personaggi secondari, ce ne sono diversi abbastanza interessanti come il maestro di demologia di Rin, Jiang, oppure il suo rivale all'Accademia, Nezha, o ancora Altan Trengsin, il più grande e temibile allievo della Sinegard. Tutti contribuiranno in gran parte a formare il carattere e la personalità di Rin, anche se, individualmente, vengono indagati ben poco.
Uno degli elementi che forse è mancato a La Guerra dei Papaveri e che spero verrà trattato prepotentemente nel secondo volume è l'introspezione dei personaggi secondari. Le occasioni sicuramente non mancheranno perché Kuang ha creato un mondo e dei personaggi con uno spettro di colori molto vario, che lasciano spazio a storie, sentimenti e pensieri di diverso tipo.


Un punto invece a favore è lo stile di scrittura. Nonostante sia il primo libro pubblicato da R. F. Kuang, l'autrice riesce a catapultare direttamente il lettore nel mondo dei Nikariani. Lo immerge negli eventi tenendolo incollato a ogni pagina, a ogni respiro, a ogni goccia di sangue versata. Non è una lettura semplice perché, come nella realtà, la guerra non fa sconti a nessuno e nemmeno li fa l'autrice. Vengono trattati temi importanti, duri, che sono adatti esclusivamente a un pubblico adulto, come l'abuso, la violenza, le patologie mentali, la dipendenza, il razzismo e la tortura. Lo stile di scrittura rispecchia completamente quella che è la Guerra dei Papaveri: diretta, schietta, cruda e cruenta.

Abbiamo sviluppato la capacità di ricomporre il tessuto del mondo. Che senso avrebbe non sfruttarla?

E' stata una lettura personalmente davvero interessante e stimolante: basta considerare che non riuscivo a finire un libro da qualche mese, mentre con La Guerra dei Papaveri di colpo mi sono ritrovata all'ultimo capitolo. Ribadisco ancora una volta che non è una lettura adatta a tutti: è un Adult Fantasy con tematiche forti, che vengono proposte al lettore senza alcun filtro. 


Voto:

Lettura interessante, diversa e stimolante.
Spero in una maggiore introspezione dei personaggi secondari nei prossimi volumi. 


Qui potete trovare tutte le date e gli argomenti che verranno trattati nel blog tour!



-Mari 

Recensione: "Questo amore sarà un disastro" di Anna Premoli

settembre 10, 2020 0 Comments






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Titolo: Questo amore sarà un disastro

Autore: Anna Premoli

Casa Editrice (italiana): Newton Compton Editori

Data di pubblicazione (italiana): 7 ottobre 2019

Formato letto: ebook, 0.99












“Voler bene a una persona ci espone potenzialmente a un’incredibile sofferenza; non siamo mai così indifesi come quando amiamo in modo profondo.

Vorrei iniziare questa recensione in un modo atipico, ovvero commentando questa frase tratta dall’ultimo libro pubblicato nel 2019 dalla Premoli. Ho letto questo libro ad inizio gennaio e, mea culpa, sono leggermente in ritardo con la recensione. Ringrazio il mio fidato Kindle che mi da la possibilità di sottolineare tutte quelle frasi che mi entrano un po’ nel cuore, dato che non posso fare la mia abituale “aletta” sull’angolo in alto delle pagine – sì, sono quel tipo di persona. 

 Dunque, che dire su questa frase? La Premoli, conosciuta anche come Regina indiscussa del romance italiano, le mette in bocca a Edoardo, protagonista maschile di questo suo romanzo, personaggio abbastanza complicato, di cui parlerò qualche riga sotto. La verità di questa affermazione è quasi sconvolgente da quanto risulti essere scontata, seppur non facile da ammettere. E nemmeno così semplice da affrontare. Quante volte è capitato di tenere le persone a distanza utilizzando una scusa piuttosto che un’altra? Quante volte ci siamo detti “massì, non ne valeva la pena”? Non è per niente facile ammettere di essere vulnerabili e ve lo posso confermare per esperienza personale: detesto profondamente dimostrarmi debole agli occhi degli altri. Non sono una persona a cui interessi particolarmente il parere altrui, ma do una grande importanza a quello delle persone che mi sono più vicine. Quindi sì, detesto mostrarmi debole. E tutti i rapporti che stringo con le persone a cui voglio bene sono un rischio di mostrare la vera me. E questo potrebbe farmi male. So che non sono l’unica a trincerarsi in se stessa nella maggior parte dei casi in cui incontra persone nuove e, crescendo, ho imparato ad affrontare questa mia paura. Sì, perché questo modo di agire è basato sulla paura di mostrare questo nostro lato vulnerabile al mondo esterno. Sarà per la società in cui siamo cresciuti, sarà per la nostra personalità, ma alla fin fine, se vogliamo veramente entrare in connessione con l’altro, o meglio, quando ci rendiamo conto di volere veramente bene a qualcuno, abbiamo automaticamente abbattuto le nostre difese, dandogli il grande potere di farci del male. Il discorso finale è: ne vale la pena? Credo che la risposta la si debba dare da soli. Posso semplicemente condividere la mia. Sì, ne vale la pena, ma solo a chi tu voglia dare la possibilità. Anche se non sempre siamo noi a decidere a chi volere bene, sappiamo sempre che ci sarà qualcuno a darci una mano a superare i momenti meno belli, nel momento del bisogno. Affidatevi soprattutto a loro, senza dare mai scontata la loro presenza. Siateci per loro, sempre. Apritevi e date loro una mano ad aprirsi. 

 Tornando al libro in sé, posso solo dire che non mi aspettavo niente di meno dalla Premoli. Anzi! Leggendo questo libro come l’ultimo di una lunga serie scritti dall’autrice italiana, ci si può rendere conto di come sia evoluta la sua capacità narrativa e descrittiva e di come riesca sempre di più a scavare nella personalità dei suoi protagonisti. 

 Ambientato tra Milano ed un paesino sul lago Maggiore, si snoda tra il mondo esclusivo dell’alta finanza e quello “normale”. I protagonisti hanno una storia famigliare agli antipodi, entrambi hanno dovuto affrontare delle difficoltà per diventare ciò che sono.  

 “Oltre ad essere fisicamente attraente, Edoardo è anche molto altro: è sveglio, veloce, determinato,ironico, franco fino ad apparire quasi antipatico, ma comunque vero.”

Da una parte troviamo Edoardo, cresciuto in uno dei quartieri più malfamati di Milano, da genitori che non hanno fatto niente per stimolarlo ed incoraggiarlo ad essere quello che voleva, insegnandogli solamente l’arte del lamentarsi. Eppure, è riuscito a diventare un uomo potente nel suo ambito, a scapito, però dei rapporti umani. Infatti, a parte i suoi due soci, non ha nessun altro. Edoardo ormai si affida solo all’immagine che da di se stesso, concentrandosi sul presente, quasi dimentico che, dopo ogni tramonto, c’è l’alba del giorno successivo a chiedere il conto.

Dall’altra, troviamo Elena, una donna che è cresciuta in Brianza, in una famiglia di imprenditori, a cui non è mai mancato nulla: buona istruzione, buon lavoro alla laurea, amici ed amiche su cui fare affidamento, solide origini. Peccato che, in uno dei momenti cruciali per l’azienda di famiglia, in cui lei investe una posizione di spicco, le viene a mancare la fiducia della sua famiglia. O meglio, la famiglia decide di non ragionare e di assegnare la direzione dell’azienda al fratello maschio, per rispettare una tradizione antica quanto obsoleta, per non parlare di sbagliato. E allora Elena decide di rinnovarsi e dare una svolta alla sua vita, lasciandosi tutto alle spalle. O almeno è quello che avrebbe voluto. Ma Edoardo non sembra essere della stessa idea. 

Con questo libro ho avuto una bella doccia di realtà. Non sto ad entrare nello specifico per evitare spoiler, ma la Premoli narra una storia diversa e normale nelle sue imperfezioni, con i cliché tipici del mondo dei bauscia milanesi e dei piccoli-medi imprenditori brianzoli. Una storia d’amore che non è solo rose e fiori e lieto fine, ma che mostra come una coppia di trentenni, che sanno quello che vogliono dalla vita, si rendono conto che avevano sbagliato e sono pronti a rivedere le loro priorità. E, ragazzi, non aspettate di avere la loro età per rivedere le vostre priorità, perché, magari, vi sveglierete un giorno e capirete di aver commesso un errore. I rimpianti sono la cosa peggiore che si possa avere.

Ho letto qualche recensione su Amazon prima di comprare l’ebook e anche dopo averlo letto e mi trovo in totale disaccordo con la maggior parte: questo libro è uno dei migliori scritti dalla Premoli. È vero. È un libro vero che parla di una storia d’amore inserita in un contesto inusuale che, a mio parere, è riuscito a valorizzare la trama. Spero che l’autrice continui su questa linea. E, dato che il secondo libro di questa nuova serie è appena stato pubblicato, non vedo l’ora di leggerlo per sapere che succede tra i due opposti dello stile!

Ed eccoci arrivati al momento che voi attendete di più: quello del voto. Direi che siamo ad un 4 stelle su 5 e ad un 7 ½ - 8 su 10 (scusate ma non sono riuscita a decidermi…). 

Ah! Se non lo abbiate capito, provengo dalla Brianza, cuore della produzione lombardo-italiana. Tenete duro ragazzi, rispettate le regole ed il SARS-COVID19 sarà a breve solo un ricordo.

#nonmollate


 Cordialmente,

 B. 


Recensione: Black Wings. Il tocco del demone di Sabrina Cospetti

maggio 26, 2020 0 Comments


Ciao a tutti lettori!
Oggi ritorno sul blog con la recensione di Black Wings. Il tocco del demone di Sabrina Cospetti, secondo volume della serie Black Wings. Se non l'avete ancora letta, vi consiglio di cliccare qui per leggere la recensione del primo romanzo senza spoiler!

 
 
     Titolo: Black Wings. Il tocco del demone
     Autore: Sabrina Cospetti
     Editore: La Ruota
     Pagine: 218
     Data di pubblicazione: 24 ottobre 2018











Sinossi:
La vita di Dafne è cambiata completamente, Gabriel è morte e la sua esistenza sulla Terra è in pericolo. In questo secondo capitolo dovrà fare i conti non solo con Lucifero e il suo fratellastro Devon, ma con la sua vera natura e con un nuovo e inatteso nemico. Con la sua parte demoniaca che rischia di prendere il sopravvento, capirà che non c'è nessuno che può aiutarla, ma che dovrà fare tutto da sola in una corsa contro il tempo.





In Black Wings. Il tocco del demone ritroviamo Dafne in difficoltà nell'accettare la sua nuova vita e la sua vera identità. Ha scoperto, infatti, di essere figlia di Lucifero e quindi in parte un demone. Mentre da un lato Dafne lotta contro suo padre, che cerca in tutti i modi di risvegliare i suoi istinti demoniaci, dall'altro si ritrova a lottare anche contro il Regno dei Cieli. Si è deciso, infatti, di allontanarla definitivamente dalla sua famiglia umana e di rimpiazzare il suo posto nel nucleo familiare con Adam, un ragazzo dagli occhi di ghiaccio da cui si sente stranamente attirata. 
Ciò nonostante, sembra che la sua unica preoccupazione sia ritrovare Gabriel, il suo amore eterno, catturato da Lucifero e, come lei poi scoprirà più avanti, trasformato in un demone intenzionato ad ucciderla.

Personalmente, la parte che ho preferito di più del romanzo è stata quella in cui la protagonista doveva lottare contro la propria natura demoniaca per preservare il suo lato più buono e giusto. Ho apprezzato come l'autrice ha descritto il conflitto tra sete di sangue e voglia di scappare da tutti per non ferire nessuno. Tuttavia, non mi è piaciuto come Dafne pensasse esclusivamente a salvare o a ritornare con Gabriel. Naturalmente, si è voluto rimanere legati alla natura adolescenziale della protagonista, però avrei preferito che lei ad un certo punto prendesse le redini della propria storia e della propria vita e mettesse il suo amore per Gabriel in secondo piano.
Per quanto riguarda i personaggi secondari, veniamo introdotti maggiormente nella mente di Chris, anche se non ho ancora ben capito cosa voglia fare della sua vita. Lo stesso per quanto riguarda Irene e James, che rimangono ancora molto nell'ombra. Vengono introdotti inoltre tre nuovi personaggi, di cui ci viene, per ora, anticipato poco: Adam, la persona che ha preso la vita umana di Dafne, Dave, un nephilim e Desdemona, un'altra figlia di Lucifero.

Il finale ci lascia sicuramente con il fiato sospeso e con tanti punti interrogativi che spero riceveranno una risposta nel prossimo libro.
Nel complesso è stata una lettura piacevole, però, personalmente, avrei preferito una protagonista che, invece di focalizzarsi ossessivamente sul proprio amore, si focalizzasse prima sulla propria vita e sullo scoprire la sua vera identità e le sue vere capacità.


Voto:


-Mari